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Cronache di ArcheAge - Il diaro di Macridil il Paladino.

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Cronache di ArcheAge - Il diaro di Macridil il Paladino.

Messaggioda macridil il 01/10/2014, 14:57

Ciao a tutti raga, sono io Macridil (Paolo\Massimo xD) e colgo l'occasione per postare qui sul forum, un piccolo e piacevole esperimento "di gruppo" che sto provando a fare da un paio di giorni con la collaborazione di tutti. Sto provando a romanzare, sottoforma di diario, le nostre avventure online su ArcheAge, cercando di narrarle dal punto di vista del mio personaggio, concentrandomi sulle parti "ruolate" tra i veri giocatori, piuttosto che sugli eventi della trama preimpostata (e quindi più prevedibile, uguale e monotona). è poco più che un gioco, un passatempo, e ovviamente non sono uno scrittore affermato, non ho studiato per farlo e non ho nessuna qualifica o attitudine particolare, è giusto un modo piacevole per passare il tempo e scrivere fantasticando sulle nostre sessioni di gioco. Il testo è pieno di imprecisioni, errori di ogni tipo (spesso scrivo di getto senza ricontrollare, lo ammetto xD) quindi non immaginatevi Tolkien o Terry Brooks xD fatemi sapere che ve ne pare, io scrivo praticamente un brano al giorno, quando gioco ovviamente, e quando in game si fa qualche quest o dungeon o boss interessante. Ovviamente cambio la dinamica di alcuni eventi, ometto parti che ritengo troppo lente o poco interessanti, insomma è una cosa fortemente influenzata dai miei gusti, ma spero che possa stuzzicare il vostro interesse e la vostra fantasia! Fatemi sapere se avete critiche, commenti, proposte, suggerimenti, non esitate a farvi sentire per qualunque cosa. Grazie a tutti per l'attenzione, e per avermi concesso questos pazio sul forum! Ci si vede in game!

Comunicato ufficiale a seguto del ritrovamento delle pagine

Queste pagine sono state ritrovate insieme ad alcune reliquie del paladino, ovvero parti della sua armatura, armi fortemente usurate, frammenti del suo mantello, qualche effetto personale, sparpagliati per i continenti. Nessuna traccia del cadavere, se non macchie di sangue attorno al sito del ritrovamento, avvenuto secoli dopo la presunta scomparsa del paladino. Il suo ordine ne piange la perdita da innumerevoli anni, considerandolo uno dei più grandi personaggi dell'ordine. Non si conoscono i motivi della sua dipartita, ne degli avvenimenti che lo portarono a quell'enigmatico epilogo. Parti del racconto non sono chiare, sono bensì frammentate, scritte frettolosamente, alcune parti del testo sono danneggiate dal tempo, o da macchie di inchiostro, sangue e strappi sulle pagine, ma sono da considerarsi autentiche.

Prefazione
Dal diario di Macridil, Confratello dell'ordine dei paladini. Mi ritrovo qui, in questo [ testo danneggiato ] alla fine del mio lungo peregrinare, per accingermi a scrivere di ciò che è stato in quei terrificanti e gloriosi giorni. Ciò che leggerete corrisponde alla verità, almeno alla mia concezione di verità, a ciò che ho visto ed udito in quegli anni, a come ho valutato le persone che mi hanno affiancato, ai profondi sentimenti che ho nutrito per loro, nel bene e nel male. E prima della fine di questo lungo viaggio, fisico e spirituale, sento di dover tramandare ciò che è stato, per aiutare chi leggerà, ad interpretare gli eventi che portarono alla formazione del mondo così per come verrà conosciuto nei secoli a seguire. Il mio pensiero va prima di tutto ad i miei compagni di avventura, a coloro che mi accolsero, mi istruirono, mi salvarono la vita, a coloro che salvarono il mio spirito, dandogli una strada da seguire; A coloro che chiamai fratelli ed amici, a coloro che divisero con me risate, lacrime, gioie e dolori,in definitiva va a chi ha condiviso con me sia la vita che la morte. E tuttavia,in tutto questo grande elenco di nomi, di volti, di vite, di gesti eroici e meschini, proprio in questi ultimi istanti, la mia mente non può fare a meno di pensare a [ testo danneggiato ]. Che gli dei ti assistano, ovunque tu sia, mentre rendi il mondo un posto più luminoso...ti [ testo danneggiato, irrimediabilmente, sino all'inizio dei capitoli del diario ]

GIORNO PRIMO
Accadde in un giorno come tanti, subito dopo l'esplorazione di un pericoloso dedalo di gallerie. Come sempre in quei giorni, ero affiancato da Yvessa, una ragazza avvenente quanto coriacea, un baluardo contro le forze degenerate del male e della corruzione, ed un'eccezionale curatrice, baciata dal dono degli dei, e da Giltas, uno stregone occulto di poche parole, che stranamente ha deciso di affiancarmi nella mia personale guerra contro il male : Un alleato potente, inquietante ma leale. Uscimmo da quelle gallerie, che mondammo dalla prole degli inferi non senza fatica, e ci trovammo dinnanzi una bolgia di avventurieri, in attesa della loro parte di gloria all'interno delle gallerie, in cerca di qualche percorso non tracciato sulle mappe, sfuggito al nostro divino castigo. Parlavano un numero incalcolabile di linguaggi differenti, in tutti i miei anni di studio all'abbazia non sentii mai una così vasta varietà di linguaggi, fino a che non riuscii a distinguere delle parole in lingua comune, tra la folla. Voltai il mio sguardo, sentendo l'elmo gravare sulle mie vertebre stanche, e vidi un guerriero possente, dalla chioma rossa e dall'armatura scintillante, che cercava avventurieri per fondare una gilda itinerante. Mi avvicinai incuriosito, e subito il guerriero mi venne incontro sorridendo. I paladini riescono sempre a leggere dentro l'animo delle persone, ed io che non sfuggo alla regola, capii di potermi fidare di quel guerriero, almeno a primo impatto. Mi porse la sua mano, e mi disse "Sono Juez, con chi ho l'onore di parlare?" - "Macridil" risposi in maniera secca e diretta, e porsi la mano, avvolta nel guanto corazzato ancora grondante del nero sangue di mostri indicibili. Juez mi strinse la mano tranquillamente, la vista del sangue non lo turbò, e da li confermai le mie impressioni. era un guerriero capace, la sua armatura era piena di tagli e danni, ma il suo corpo appariva integro. sapeva come combattere, e dove incassare gli eventuali colpi che superavano le sue difese. Con un rapido gesto mi indicò il suo compagno "questo è Osiris, un paladino come te, credo...siamo in cerca di compagni onorevoli per fondare una gilda, se ti interessa...e se interessa ai tuoi compagni." Giltas, spavaldo rispose "Potrebbe anche interessarci, se non c'è nulla di losco nei tuoi intenti" Yvessa si limitò a guardare, col suo solito ghigno stampato sul viso. Il paladino di fianco a Juez rimase sulle sue, ma percepii nel mio confratello le stesse buone intenzioni del suo compagno. Un dettaglio mi venne all'improvviso dinnanzi agli occhi. Dietro Juez e Osiris, vi era una figura incappucciata. Troppo esile ed aggraziata, per essere un combattente e per di più un uomo. Abbassai leggermente la testa, inclinandola di lato, per scorgere cosa si nascondesse dentro quel cappuccio, e tutto ciò che arrivai a vedere fu una pelle color madreperla e un paio di occhi chiari e acquosi. Poi la figura si voltò di scatto. Juez intervenne "Lei è Evelyne..." Non sapeva cosa altro dire. Avvertii immediatamente un tremito, sentii un formicolio irradiarsi dal centro del mio spirito, e compresi che la donna presentava proprietà magiche, oscure per giunta. Le rune della mia armatura iniziarono a brillare debolmente, i sacri meccanismi di protezione del mio equipaggiamento, e del mio animo, erano inquieti, ma nonostante tutto decisi di non indagare oltre. Se stava con persone di cui potevo inizialmente fidarmi, poteva andare bene, per il momento. Fu così che ci conoscemmo, e dopo brevi momenti di presentazione di gruppo, ci appartammo, io Giltas ed Yvessa, per discutere del misterioso trio di avventurieri che ci aveva proposto questa strana ed inaspettata coalizione. Giltas intervenne dicendo "Non ho avvertito niente di anomalo, tranne quella donna incappucciata. Emana una energia simile alla mia, nonostante credo sia più dedita al combattimento che agli incantesimi". Yvessa aggiunse "Quando si à girata ho avvertito uno sferragliare sotto al mantello. piastre leggere o medie, qualche lama medio\corta. è un'assassina occulta, credo". La mia mente divagava febbrilmente, ero ancora frastornato dall'evocazione dei sacri incantesimi all'interno della grotta, le mie riserve spirituali venivano meno, e la presenza di energie occulte provava ancora di più il mio intero essere, ma decisi che degli alleati inaspettati erano la cosa più utile per ora, in questi tempi difficili. mi girai verso i tre avventurieri, andai da Juez e gli dissi "Per noi va bene, accettiamo" Ci stavamo per stringere la mano che avrebbe confermato il nostro accordo, quando sentimmo un ruggito terrificante, ed avvertimmo delle esplosioni provenire da non molto lontano. Ci guardammo negli occhi reciprocamente, quando una voce disperata in lontananza urlò "drago!". Osiris prontamente disse “ Andate, io penso a proteggere la gente all'entrata delle gallerie, a dopo!”. Senza neanche accorgercene corremmo ai cavalli e galoppammo tutti insieme, nel caos generale. uscimmo da quelle strette gole e ci ritrovammo nell'arido deserto, dove la sabbia rossa accecava la vista e rendeva i nostri equipaggiamenti una rovente tortura per il corpo. Fu li che vidimo la creatura per la prima volta. Un rettile nero dalle venature violacee, che sbuffava fumi infernali, schiacciava vecchie armature sotto ai suoi artigli e masticava risputando carcasse di animali o sfortunati avventurieri. Galoppammo senza sosta, nel tentativo di sconfiggere la bestia. Avventurieri da ogni dove accorrevano, ma ad un primo sguardo, erano in pochi quelli che sarebbero stati realmente in grado di affrontare l'abominio, men che meno quelli che sarebbero sopravvissuti un'altra alba per raccontarlo. Quando mancarono poche centinaia di metri all'orrida creatura, chiusi gli occhi, inspirai a fondo, sentii la criniera di Redenzione, la mia fidata cavalcatura, e pregai silenziosamente gli dei, di concedermi nuovamente la forza per affrontare la progenie del male. Gli dei silenziosamente e generosamente risposero, e il formicolio alle membra che avvertii, fu proprio il segno che il mio spirito si rigenerava, ammantandomi di maestoso e divino potere. Di li a poco sarebbe accaduto l'inaspettato. Scendemmo da cavallo tutti quanti, Juez urlò di caricare la bestia, ed io e Yvessa lo seguimmo a ruota. Il guerriero sembrava implacabile, iniziò a scagliare frecce mortali contro la creatura, bersagliandolo e ferendone in più punti la coriacea corazza. Yvessa si gettò tra le sue zampe, incassando vari colpi con la solidità del suo scudo e delle sue membra, mentre io cominciai incanalare divino furore per scagliare la mia spada contro le sue fauci. Giltas ed Evelyne iniziarono ad incanalare energia oscura, dando vita a nere nubi, oscuri fumi, minacciose scintille e fiamme violacee, che si dipanavano dalle loro mani, bersagliando il mostro con mistiche ed incomprensibili forze. La bestia tuttavia non demordeva, i danni che eravamo in grado di fargli aumentavano soltanto la sua furia. Evelyne esaurì la scorta magica, e si lanciò impavidamente contro la bestia, ferendola nei punti più deboli che poteva offrirgli il rettile. Tuttavia più combattevamo, più avvertivo che non potevamo contrastare la bestia in così pochi. tutt'attorno a noi molti guerrieri morivano, venivano schiacciati, strappati ferocemente in più parti, vi erano urla ed il cozzare di armi ed armature ovunque. Il sangue inondò la zona di combattimento, rendendo molle il terreno, facendoci sprofondare sino alle caviglie. In quel momento compresi che nemmeno io riuscivo a fare più degli altri, io che mi credevo mandato dagli dei ad amministrare il loro divino giudizio. Poi compresi che la causa di tutto ciò era il mio non essere ancora pronto. Prima di affrontare la bestia dinnanzi a me, avrei dovuto domare ed affrontare la bestia al mio interno, quella che ruggiva dentro la mia anima. Troppo tardi arrivai a comprenderlo, e fu in quel momento che una zampa artigliata ghermì con violenza il mio elmo, scaraventandomi a diversi metri di distanza. Atterrai sulla morbida sabbia, ma il colpo alla testa fu troppo forte. vidi cadaveri e monconi umani dovunque, tastai le mie ferite grondanti di sangue, poi la vista si scurì, e mi preparai ad essere accolto al cospetto degli dei...ma non fu quello il mio destino. Mi risvegliai giorni dopo, al tempio della sacerdotessa, circondato dai miei compagni di battaglia. erano ancora tutti vivi, Yvessa, Giltas, Juez ed Evelyne. Juez disse "Bella botta, eh paladino?" e rise amichevolmente, offrendomi una mano per alzarmi dalla lettiga in cui mi trovavo. "la bestia?" chiesi impensierito. Juez disse "Volata via, non ce l'abbiamo fatta, amico." Yvessa e Giltas erano visibilmente contrariati, Evelyne silenziosa coglieva fiori al margine della radura, meditando chissà cosa. "Andrà meglio la prossima volta, adesso andiamo via da qui, e troviamo un posto da chiamare casa." Disse Juez avanzando verso Evelyne. La ragazza, mettendosi un fiore in una cucitura del suo corpetto disse "Non abbiamo una casa, siamo girovaghi, Juez" poi si mise in cammino. Juez sospirando disse sottovoce "Hai ragione Evelyne...hai ragione."

GIORNO SECONDO
I giorni passavano, nella grande e trafficata Marianople, ma non erano giorni radiosi e tranquilli, bensì cupi, oscuri e carichi di terrore. Abiette creature ronzavano attorno ai centri abitati, alle periferie, alle tranquille fattorie, devastando, uccidendo, troncando vite innocenti. Per quei giorni decidemmo, io ed i miei compagni, di sparpagliarci, ed amministrare il giusto castigo alle empie creature, ed agli spietati criminali che tentarono di approfittare della disperazione della popolazione, per razziare, violentare ed arricchirsi alle spalle dei deboli. Tuttavia, nonostante i nostri sforzi, le creature del male ed i loro infidi servitori, non cessavano di tormentare quelle terre, e decidemmo, in preda ad una momentanea disperazione, di avvalerci di potenti alleati, per quanto selvaggi ed imprevedibili : decidemmo di appropriarci delle fiere cavalcature dei firran, creature umanoidi dai tratti felini, provenienti da isole molto lontane. Le loro cavalcature feline, possenti e letali, se domate ci avrebbero garantito un vantaggio in battaglia, negli spostamenti, e nella gestione di ogni evenienza, dandoci il giusto supporto in questi tempi bui. Juez si procurò giusto in quei giorni un magnifico catamarano, che ci avrebbe consentito di arrivare nell'isola dei firran, nostri spietati nemici, ed infiltrarci all'interno delle loro terre più sacre e proibite, per appropriarci delle cavalcature. Ci vedemmo una mattina solare e raggiante, con un mare calmo e di un azzurro intenso, solcato da una lieve brezza, ed animato da pesci e gabbiani in ogni angolo di cielo. Mi incontrai con Juez ed Evelyne sul catamarano, e dopo una breve tratta, caricammo anche Yvessa e Giltas, di ritorno da pericolosi incarichi. Salpammo alla volta di antiche e feroci terre, ma niente poteva spaventarci o impensierirci. Juez solcava i mari manovrando l'imponente timone, e a turno noi gestivamo le vele, secondo i suoi ordini. Juez conosceva quei mari, ed era il più adatto a scortarci in quella pericolosa missione. Vidimo creature marine mai viste e descritte in alcun libro, sentimmo le acque sferzarci il viso con gocce e frizzante spuma, inspirammo dentro al petto il respiro degli dei, e ci meravigliammo ancora una volta della bellezza del creato. Tuttavia, proprio quella natura che ci meravigliò, decise di sfidarci, poiché avevamo osato profanare il suo sacro spazio. Proprio mentre svolgevo il mio turno di vedetta, mentre Juez continuava a governare il catamarano, Evelyne consultava la mappa, e Giltas ed Yvessa sorvegliavano i fianchi dell'imbarcazione, degli enormi crostacei sbucarono dalla superficie dell'acqua, assaltandoci direttamente sul suolo dell'imbarcazione. Il combattimento non fu facile, poiché lo spazio era poco, e quelle creature avevano una fisicità nettamente superiore alla nostra, con le loro possenti chele in grado di tranciare un cavaliere in armatura completa, ed uno spesso e coriaceo carapace immune a frecce o armi di piccolo calibro. Juez mantenne la calma, continuando il suo compito, mentre io e yvessa ci lanciammo addosso alle orride creature, testandone l'incredibile forza e resistenza col duro acciaio e la forza dei nostri muscoli. Giltas ed Evelyne invece scatenarono le oscure forze che custodiscono all'interno dei loro animi, annientando quelle creature con l'ausilio della loro oscura magia. Nonostante l'assalto imprevisto, ce la cavammo, tutti quanti, uccidendo, carbonizzando e rigettando in mare quelle creature meravigliose ma letali. Continuammo il nostro viaggio, ammirando altre creature sottomarine, tenendoci alla larga dai loro percorsi abitudinari, nei limiti del possibile. Quando il combattimento fu terminato, tornammo alle nostre mansioni. Mi misi poggiato all'albero maestro, a guardare l'infinita distesa d'acqua dinnanzi a me. Poi sentii schiamazzi e risate, e vidi che Giltas, Yvessa ed Evelyne, iniziarono a scherzare tra loro, danzando, ridendo, cantando e rinfrescandosi con le meravigliose acque che ci trovavamo a solcare. Juez rideva insieme a loro, mantenendo sempre un occhio vigile alla rotta da seguire. Li vidi tutti insieme, in quel momento così assurdo e particolare, decontestualizzato da ciò che stavamo realmente vivendo, ed avvertii un senso di solitudine, di alienazione, come se tutto ciò non mi riguardasse, come se io fossi per qualche motivo un estraneo, un escluso un diverso. Mi voltai sull'azzurra distesa del mare, lasciandomi alle spalle il loro momento di pausa dagli orrori di questa guerra contro il male, e lasciandomi alle spalle anche i miei tormenti interiori, concentrandomi nell'avvertire in quel mare infinito, la presenza degli dei, la fonte della mia forza e del mio potere. Passarono le ore, vegliando, navigando, seguendo rotte, e avvistando terre, quando la situazione si ribaltò irrimediabilmente. Mi ero appena allontanato dal mio posto di vedetta, per ricongiungermi con Juez e gli altri, per discutere delle prossime mosse. Juez disse “Ok ragazzi, la situazione è questa. Saremo in totale inferiorità numerica, in territorio firran. Sono guerrieri capaci, creature fenomenali e possenti, ci battono sotto qualunque aspetto, sono più agili, più forti, più reattivi, e privi di qualunque equipaggiamento, hanno comunque i loro muscoli e i loro artigli. Procederemo spediti e silenziosi, penetreremo nei loro villaggi, eviteremo le ronde e le creature, e porteremo via le loro cavalcature, costi quel che costi. Intesi?” Guardai i volti degli altri miei compagni : Giltas ed Yvessa erano concentrati ma rilassati, Juez era determinato e sicuro di se, Evelyne, per quel che potevo guardare e conoscere del suo volto, era silenziosa e composta come sempre. Stentavo ancora a credere di averla vista scherzare, e forse pure ridere, poche ora fa su questa stessa imbarcazione. Poi proprio lei fece per dire qualcosa, ma ad un certo punto alzò il volto e sgranando gli occhi disse “attenti!”, quando un enorme mostro marino balzò dalla superficie del mare, ghermendola e trascinandola in acqua. Juez urlò “In posizione!” ma non cambiò rotta, non mollò, il timone, restò inamovibile. Non feci in tempo a riflettere, ed iniziai già a falciare le creature, mentre yvessa e Giltas facevano altrettanto. Scelsi di eliminare nel modo più rapido quelle creature, senza avere compassione della loro condizione di animali e non di nemici intenzionali : non c'era tempo per il rispetto della natura, non in quel caso. Ributtammo a mare le carcasse, che appesantivano la nostra imbarcazione, quando corsi rapidamente verso il ponte di uscita del catamarano. Juez urlò “Fermo! Cosa fai ?” mi girai di scatto, andai verso il timone e dissi “dobbiamo tornare indietro, Evelyne è in mare!” Juez mi guardò, sorrise in maniera gelida e disse “Con chi credi di avere a che fare, con una ragazzina ? Evelyne sa quello che fa. Sa cavarsela in ogni situazione. Si sarà già messa in salvo...o sarà morta, non puoi fare niente in entrambi i casi. La missione deve continuare. È mia amica, ma abbiamo una guerra da mandare avanti, e una vita rispetto ad una guerra non è nulla. Siamo qui per le cavalcature firran, e giuro sugli dei che le prenderemo. Intesi?” Il mio spirito ribolliva, il mio potere era sul punto di riversare la sua ira su juez, non riuscivo a controllare il mio animo inquieto. Non potevo credere a quelle parole, non potevo accettarle, feci un altro passo verso il ponte, avevo già i piedi immersi in acqua. “Non servirà a nulla, Macridil. Si è messa già in salvo, o è morta. Non morire pure tu. In mare aperto non ce la faresti mai. Avresti sicuramente meno possibilità di lei. Io so di cosa è capace lei, tu no. E non so cosa sei in di fare tu, ma sicuramente non sei al suo livello. Fai un favore a tutti, resta qui, concentrato, e sopravvivi.” Guardai tra i flutti, cercai tra le onde inquiete che ci lasciammo dietro col nostro passare, ma non vidi nulla, tanta era la spuma che il nostro catamarano si lasciava dietro. Guardai a terra, con sconforto, e mi accorsi che uno dei fiori che Evelyne portava su di se, era caduto durante lo scontro. Lo raccolsi da terra, lo osservai in silenzio, poi mi strappai il medaglione da paladino dal collo, gli fissai il fiore, e in silenzio, feci la mia preghiera agli dei, e con gli occhi chiusi, lo scagliai in acqua, con tutte le mie forze, seguendolo con lo sguardo, fin quando non spronfò nel blu infinito.. Juez mi guardò, dicendo “ma che diamine...” Giltas gli poggiò una mano sulla spalla, dicendo “non capiresti...lascialo fare”. Yvessa sorrise, assumendo il ruolo di vedetta al posto mio. Mi voltai nuovamente, e pensai che curiosamente, quando Evelyne scorse la minaccia ed urlò, ebbi modo di guardare cosa si nascondesse sotto il suo cappuccio, ma il momento di pericolo non mi fece notare altro se non la bestia che le si avventò addosso. Tornammo ai nostri posti, in silenzio, fin quando arrivammo all'isola dei firran. Ancorammo il catamarano in un anfratto nascosto, e procedemmo con le nostre cavalcature. Juez ci guidò, con fare silenzioso e concentrato, facendoci addentrare nalle proibite foreste dei firran, dove creature di ogni sorta brulicavano nelle verdi ed intricate distese di alberi. Giltas guardava con meraviglia ogni animale, piante, mostro che incontravamo, memorizzandone l'aspetto, le proprietà, i comportamenti. Yvessa cavalcava immersa nei suoi pensieri, cercando tracce di imboscate ad ogni sasso spostato o ramo spezzato . Juez ci guidò fino ad una piccola oasi a ridosso di un deserto, indicandoci un accampamento. “è li che troveremo ciò che stiamo cercando. Smontiamo da cavallo, seguitemi”. Ci accodammo a lui, passando silenziosamente tra tende, palme, mercanti, e merci di ogni genere. Strisciavamo tra grandi ceste di cibo, banchi stracolmi di indumenti, piccole piantagioni dalle quali si poteva cogliere ogni sorta di vegetale, fin quando non vidimo una sorta di stalla. Juez disse “entriamo, assaltiamo le cavalcature e stordiamole. Le ammaestreremo rientrati a casa...cercate di non ucciderle colpendole troppo forte”. Giltas lo stuzzicò dicendo “tramortire quelle bestie ? Gran bel piano” Yvessa le strizzò l'occhio, incuriosita e divertita dalla sfida. Io non riuscivo a pensare a nulla, ero perso all'interno del mio animo. Al segnale di Juez, entrammo nella stalla, armi alla mano, ma ciò che vidimo furono 5 ceste, con 5 cuccioli di leone. Ci guardammo esterrefatti : era un dono degli dei. I miei compagni agguantarono un cucciolo per ciascuno, e corsero via nella radura. Io presi il mio cucciolo, e guardai l'ultimo rimasto, e questi ricambiò energicamente lo sguardo, facendo un miagolio sommesso e tendendomi le piccole ed innocue zampe : lo presi con me. Tornammo rapidamente al catamarano, evitando creature, mostri e firran. Arrivati all'imbarcazione, juez disse “e quello?” io indicai il primo cucciolo e dissi “questo è Castigo, il destriero che mi porterà in battaglia. Dispenserà insieme a me il divino giudizio ai nemici dei nostri dei e della nostra gente. Sarà implacabile e spietato, come spietata è la giustizia divina.” indicai l'ultimo trovatello, dicendo “e questo è Speranza, che possa crescere e divenire forte, grande ed incrollabile.” Non aggiunsi altro. Il viaggio di ritorno fu silenzioso e sommesso, ma dopo qualche giorno di navigazione, rientrammo a casa, in attesa di un segno di buon auspicio.

GIORNO TERZO
Approdammo nuovamente sulla terraferma, taciturni, alienati, dubbiosi. Tornammo ai nostri cavalli, per portare i cuccioli di leone in un luogo sicuro dove farli crescere. Ero seguito da Giudizio, il mio lupo, che più di tutti percepiva le mie preoccupazioni, più di tutti si avvicinava al mio animo inquieto. Andammo a Marianople, dove Evelyne stava svolgendo i suoi ultimi incarichi, prima di imbarcarsi con noi per catturare i cuccioli di leone. Vidi all'orizzonte le sconfinate colture, i dorati campi, le verdi piantagioni, ma nessun segno della nostra compagna. Giudiziò mi guardò, latrando sommessamente, io gli diedi una pacca sul possente collo, e gli dissi di correre liberamente, poi restai in groppa a Redenzione, trottando pigramente, con fare sconfitto. Arrivato dinnanzi al portone di Marianople, sentii una voce familiare :”Perché quel muso lungo?” non ebbi bisogno di girarmi per chiedere chi fosse, era lei. Mi girai consapevole del miracolo che gli dei avevano compiuto, e le risposi “Pensavamo fossi morta”. Evelyne abbassò la testa ammantata nel cappuccio, e mostrando solo le labbra, disse sorridendo “Non dovevi preoccuparti, so badare a me stessa, ma grazie del pensiero” Fece per andarsene, quando tirai fuori dalla cesta Speranza, il cucciolo di leone che presi dalla stalla dei firran. “Questo è tuo, era il quinto cucciolo, e tu eri il quinto membro del corpo di spedizione...” Evelyne chiamò il suo cavallo, salì in sella con uno scatto che aveva del felino, e ridendo disse “Tienilo pure, hai più bisogno tu di speranza, a quanto pare” e scomparve al trotto. Guardai il cucciolo di leone, e gli dissi “resterai con me, ti tratterò bene, e sarai in compagnia” e ponendolo delicatamente nella cesta, tornai alle stalle, per allevare i miei due leoni.

GIORNO QUARTO parte 1
Settimane dopo il nostro ritorno al continente, una mattina come tante, mi alzai al sorgere del sole, in preda ad incubi mistici, a metà strada tra premonizione e preoccupazione. Mi alzai di getto dalla mia lettiga, urlando dal terrore, sudando freddo. Afferrai la mia spada, sentii il guanto corazzato stridere contro l'elsa, ma girandomi attorno, ero solo, nel mio alloggio scarno e buio. Calmai il mio respiro, uscii dalla stanza, mi diressi verso gli alloggi del resto dei miei compagni, e vidi la porta della stanza di Yvessa aperta, la stanza era vuota completamente, il giaciglio in ordine. Mi avvicinai e vidi solo una pergamena poggiata per terra : “Tornerò. Tenete duro, combattete senza sosta e vendete cara la pelle. Ad un'altra vita.”. Strinsi tra le mani il rotolo, che cedette alla pressione, accartocciandosi malamente, chiusi gli occhi, e trattenni lacrime amare. Quella ragazza era una buona amica, un'ottima combattente, non capirò mai le motivazioni che la spinsero a lasciarci così, senza preavviso, senza un saluto. Che gli dei la proteggano sempre...Tornando alle nostre quotidiane azioni contro le creature del male, giorni dopo la scomparsa di Yvessa, ascoltammo da viandanti e fuggiaschi, che vi era un castello, a molti giorni di cammino da Cinderstone Moor, infestato dal male, sotto forma di mostri aberranti, ma anche di criminali di prim'ordine, caduti sotto l'influsso delle malevole bestie. Decidemmo di indagare, e cercare di fare qualcosa per fermare questa situazione inaccettabile, e così, ancora una volta, ci riunimmo sotto un unico stendardo, alla volta del castello. Arrivammo dinnanzi all'oscuro maniero, quando sentimmo qualcuno alle nostre spalle dire “Pensate di andare li da soli, in così pochi ?” Ci girammo, e vidimo una figura ammantata di candide vesti, che emanavano un fioco bagliore attorno alla sagoma, slanciata, perfettamente proporzionata, aggraziata all'inverosimile. Guardai gli altri, che ricambiarono lo sguardo, nel quale però non vi era timore, ma curiosità. La figura si avvicinò, tolse il cappuccio, e da una chioma violacea, vidimo spuntare delle orecchie a punta, a contornare un volto femminile. “Sono Vehementi, e sono qui per lo stesso motivo che vi ha spinti qui, eliminare il male da questa fortezza”. Juez rispose “allora unisciti a noi, se le tue intenzioni sono buone come le nostre” Giltas ed Evelyne annuirono eloquentemente, dimostrando il loro consenso. Io vidi nella comparsa di questa alleata, il divino intervento degli dei, che sopperiva la mancanza di Yvessa al meglio. L'elfa sorrise, dicendo “vi seguo già da un po', proprio con questa intenzione. Fortunatamente siete dello stesso avviso. Ci conosceremo dopo, per adesso cerchiamo di svolgere il nostro dovere, qui ed ora.” Entrammo nell'oscura fortezza, sorvegliata da mostri di ogni tipo. Ci aprimmo la strada tra scheletri, orchi, criminali rinnegati, feccia di ogni tipo, fin quando non arrivammo nella sala del capo dei criminali di quella zona : un essere talmente corrotto, da avere acquisito poteri arcani, diventando un araldo di distruzione, servo sovrannaturale del male. Giltas percepì la corruzione in quell'essere e disse “Presenta un inaspettato potere, sicuramente di natura arcana, molto forte..forse troppo” Vehementi annuì, assumendo un'spressione inquietante, un misto di concentrazione, preoccupazione ed eccitazione : si avvertiva il piacere intenso che le dava la prospettiva di una sfida impegnativa. Juez guardò me ed Evelyne e disse “Stiamo attenti. Macridil, tu con me, Giltas ed Evelyne immobilizzeranno il criminale, Vehementi....” L'elfa lo interruppe “Io so cosa fare, sta tranquillo,
comandante
”. Una risata sommessa mi sfuggì, poi tornammo seri, ad impugnare le nostre armi. Il criminale era di spalle, ma sapeva già della nostra presenza : Disse “avventuriari qui ? Per fermare me ? Poveri illusi, andrete incontro alla vostra rovina!” e subito si girò di scatto, scaraventandoci minacciose saette addosso, che schivammo per pochi centimetri. Juez urlò “Macridil, Evelyne, attacchiamo, ora!” Chiusi gli occhi, inspirai profondamente, invocai gli dei e mi lanciai sull'avversario con un balzo caricato da energie mistiche, che mi proiettò a svariati metri d'altezza, mentre fulgide energie mi ammantavano. Caricai il criminale, menando un fendente in cui riponevo tutta la mia collera divina, ma il criminale sorprendentemente schivò, scagliandomi via con un getto d'energia invisibile : avrei fatto meglio a chiamarlo stregone da quel momento in poi. Juez lo attaccò senza remora, evelyne lo incalzava con le sue lame letali, giltas e Vehementi lo bersagliavano con invisibili funi mistiche nel tentativo di bloccarlo, rallentarlo, destabilizzarlo. Ma il potere del nostro avversario era decisamente superiore, il male si era incarnato in lui in ogni singola fibra del suo essere, rendendolo superiore al nostro potere congiunto. Il combattimento continuava senza sosta, non vedevo altro che il suo ignobile corpo schivare, parare rispondere, non sentivo altro che il peso della mio scudo, che incassava incessantemente i suoi colpi, sentivo il sibilare della mia lama, che saettava contro di lui, a volte incontrando lembi del suo vestito, a volte le sue lame, testando la mia forza ed il mio spirito. Il mio respiro cresceva d'intensità, il mio cuore sussultava, il mio elmo cominciava a diventare opprimente, la mia vista si affievoliva per lo sforzo, gli arti erano sempre più rigidi e stanchi. Juez accusò diversi colpi, Evelyne faticava a volteggiare attorno all'avversario per schivare e colpire, i maghi esaurivano le loro mistiche riserve. Il criminale era ferito in più punti, ma non accennava a demordere, finchè non urlò selvaggiamente, menando un fendente della sua lama sul volto di Evelyne, scagliandola per terra facendola rotolare per diversi metri sul suolo. Guardai la scena come se fosse rallentata, sgranai gli occhi tramutando il mio volto in una maschera spiritata di collera, e scagliai al mio avversario un colpo talmente forte da fendere persino il terreno, scaraventandogli contro frammenti di pavimento, che lo ferirono più volte al torso e al volto. Juez disse “Vai da Evelyne, ci penso io qui!” e subito gli si pose davanti assaltandolo con le energie residue. Corsi da Evelyne, che giaceva distesa a terra, ma di colpo inconsciamente mi bloccai. Il colpo del nostro nemico le aveva squarciato il cappuccio, che giaceva a brandelli a pochi passi da lei. Vidi una chioma rossa, dai riflessi ramati e chiari adagiata sul nero terreno, finemente intrecciata attorno ad un volto candido, puro, incontaminato, sul quale vi erano due occhi limpidi ed intensi, occhi che non riesco ad esprimere con parole. Improvvisamente Evelyne si girò di scatto, afferrando un lembo del cappuccio, e annodandolo sul volto, impedendomi di scorgere altro : almeno era viva. Mi avvicinai a lei, troppo tardi per scorgere altro. Le porsi una mano, la agguantò con aggressività, dicendomi tuttavia “grazie”. Poi controllò che il panno sul volto le coprisse ancora il viso, e afferrate le lame si scagliò nuovamente sull'avversario. Tornammo alla carica, tuttavia eravamo allo stremo, e il nostro avversario, ben conscio della situazione, ci scagliò dei potentissimi globi di fuoco, che ci atterrarono istantaneamente. Avertìì il calore pervadere il mio corpo, rendendo la mia armatura rovente. Le sacre energie che pervadevano la mia corazza reagirono, salvandomi in estremis. L'oscuro araldo del male rise sadicamente dicendo “Non siete ancora pronti per affrontarmi...dovreste tornare indietro da dove siete venuti, non siete neanche degni di morire per mano mia...delle vittime come voi infangherebbero la mia reputazione. Okape, il mio apprendista, sarà sicuramente più adatto ad eliminarvi...come avrà già fatto col vostro amico paladino...povero illuso” e detto questo, si ammantò d'oscurità e scomparve dalla nostra vista. Mi alzati da terra, con difficoltà, reggendomi sulla mia spada, e riflettendo sulle parole del nostro avversario, pensai subito ad Osiris, ancora nelle caverne del drago ad aiutare la popolazione che si era rifugiata li...evidentemente un apprendista del male si era nuovamente annidato li, e Osiris, il mio confratello Paladino, sicuramente avrà deciso di affrontarlo...avremmo dovuto agire in fretta! Aiutai gli altri ad alzarsi, cercai di aiutare il loro processo di guarigione con i miei poteri divini, e partimmo in aiuto di Osiris.

GIORNO QUARTO – parte 2
Ci riversammo nuovamente per strada, nonostante le ferite morali e fisiche, nonostante la stanchezza, nonostante la paura e la collera che attanagliava i nostri animi. I miei pensieri erano rivolti ad Osiris, impegnato in una disperata missione in solitaria, e minacciato da un pericoloso criminale e dai suoi sgherri. Tuttavia molte altre minacce imperversavano tra i villaggi, e decidemmo di dividerci : Juez, Vehementi e Giltas avrebbero aiutato la popolazione di Halcyona e dintorni, io ed Evelyne saremmo andati incontro ad Osiris nel disperato tentativo di aiutarlo in tempo, e salvarlo da un'imboscata di Okape. Correvo più veloce che potevo, in groppa a Castigo, la mia cavalcatura Firran, mentre Evelyne sfrecciava altrettanto velocemente sul suo cavallo. Non ero ancora abituato alla vista di quella capigliatura rossiccia, che conferiva a quel volto parzialmente scoperto, una femminilità spiccata, che contrastava piacevolmente con uno sguardo glaciale e concentrato, uno sguardo che difficilmente riuscivo a reggere per più di pochi istanti. Cavalcavamo silenziosamente, non vi era tempo per le parole, e sicuramente non potevamo permetterci distrazioni di alcuna sorta. Tornammo all'arido deserto, ne avvertii nuovamente il calore, mentre innumerevoli granelli di sabbia mi ammantavano, infiltrandosi tra le piastre della mia armatura, mentre Castigo, abituato a quel clima, restava impassibile, socchiudendo le palpebre per proteggersi dalla tormenta. Arrivammo all'ingresso delle grotte del drago, e non trovammo più rifugiati o viandanti, ma solo scheletri, cadaveri e non morti. Guardai Evelyne, non ebbi il coraggio di dire nulla, ma lei annuì, avvertendo la mia preoccupazione per Osiris. In fin dei conti era un paladino come me, sapeva cavarsela, non poteva essere morto. Lasciammo le cavalcature all'ingresso delle caverne, ed entrammo di soppiatto, abbattendo silenziosamente i non morti che intralciavano il nostro cammino. Procedemmo fino all'ingresso delle caverne più interne, le stanze conquistate da Okape, presumibilmente. Arrivati infondo alla galleria principale, vidi una figura accasciata per terra, ammantata da una cotta di maglia scintillante : Osiris! Ci avvicinammo velocemente a lui, e vidimo che era ferito. Subito alzò una mano in segno di riconoscimento, e accennò un sorriso velato di dolore. Evelyne si abbassò per porgergli una mano, poi gli tastò il costato delicatamente e disse “è ferito, ma può farcela” Il paladino disse “Ben tornati ragazzi...vi stavo aspettando” e poi trattenne coraggiosamente un urlo di dolore, gemendo piano. Gli posai una mano sul costato, sentendo la ferita ancora fresca sgorgare sangue, e gli dissi “aiutami confratello, prega con me” ed insieme recitammo i sacri riti per lenire la sua sofferenza. Chiudendo gli occhi, sibilammo antichi riti, risalenti a millenni prima della nostra nascita, evocammo la misericordia degli dei, i quali risposero concedendoci antichi ed inspiegabili poteri mistici, che scaturivano dal centro del nostro animo. Mi voltai verso Evelyne e dissi “girati, o accecherai” e prontamente la ragazza seguì il mio consiglio, mentre lampi dorati esplodevano dalle nostre mani congiunte. Osiris gemette fortemente, irrigidendo i suoi arti, ma pochi istanti dopo, la ferita era risanata. Evelyne si girò nuovamente verso di noi, e osservò interessata il prodigio appena compiutosi. Vedere un paladino all'opera era abbastanza interessante, ma il potere congiunto di due paladini era difficilmente spiegabile o prevedibile. Osiris piantò un pugno per terra, e si sollevo sulle sue gambe senza ulteriori aiuti. Si scrollò polvere e calcinacci di dosso, e mi strinse la mano energicamente, dicendo “Grazie confratello, adesso occupiamoci del male nascosto in queste caverne. Mi hanno colto alla sprovvista mentre cercavo di aiutare la popolazione a trovare una migliore occupazione, non accadrà più adesso”. Annuii compiaciuto, e feci cenno al gruppo di entrare nelle caverne interne. Entrammo , facendoci strada seguendo vecchi binari abbandonati, fino a scendere giù per un canale parzialmente allagato, dove trovammo i seguaci di Okape, che furono rapidamente falciati dal nostro gruppo. Subito dopo affrontammo una donna, il braccio destro di Okape. Fu uno scontro impegnativo ma rapido, niente poteva fronteggiare il nostro potere, in quelle gallerie. Dopo lo scontro iniziale, ci dirigemmo verso una grotta più ampia, dalla quale scorgemmo qualcosa che ci lasciò totalmente sgomenti : Una creatura elementale, un guardiano di pietra e vegetazione, ci stava dinnanzi, mentre trucidava apprendisti stregoni di Okape. Osiris mi guardò e disse “Questa sfida sarà più impegnativa delle precedenti, facciamo attenzione”. Evelyne annuì, sfoderando nuovamente le sue lame scintillanti, preparandosi al combattimento. La creatura sembrò non notarci, fondamentalmente la sua stazza era eccessiva per guardare i piccoli insetti ai suoi piedi. Tuttavia, nel momento in cui caricammo, non poté non notarci. Io e Osiris caricammo a testa bassa, invocando ad alta voce il potere degli dei, mentre iniziamo a menare fendenti verso gli arti inferiori della creatura. Evelyne iniziò a bersagliarlo con piccoli incantesimi arcani, stando in seconda linea rispetto a noi, che tartassavamo gli arti della creatura, ronzandogli attorno come insetti contro un orso. Il golem perse la sua già scarsa pazienza, e si avventò malamente contro di noi, scegliendo di schiacciarci con la sua enorme mole, ma fallì il suo intento mancandoci clamorosamente e schiantandosi per terra. Quello fu il momento cruciale, nel quale io ed osiris ci avventammo sulla sua testa, tenendolo fermo con tutta la forza che avevamo in corpo e che gli dei ci concessero nella loro misericordia, cercando di frantumare l'enorme cranio roccioso, mentre Evelyne, con un balzo felino che aveva un miscuglio di grazia e spietatezza indescrivibile, gli saltò su quello che poteva essere inteso come il collo della creatura, devastando i rami, i rampicanti e tutto ciò che poteva connettere la testa al tronco dell'incredibile golem. La creatura provò ad alzarsi strattonandoci via, ma le ferite che Evelyne era riuscita ad infliggere alle parti del golem erano ecessive, e la creatura cadde nuovamente all'indietro, facendoci crollare dinuovo al suolo. Perdemmo la presa rotolando per terra, tuttavia io ed Osiris scagliammo le nostre armi contro la testa della creatura, frantumandone in gran parte la parte frontale. Evelyne balzò nuovamente sulla creatura, staccando di netto la testa dal resto del corpo, che perse la sua coesione magica, disgregandosi in una frana di rocce, dalla quale la donna ne uscì con un balzo prodigioso, non senza farci temere per la sua incolumità. Non ci fu tempo per riprendere fiato, poiché sentimmo una risata in lontananza, riecheggiare da un altro sistema di gallerie : era Okape che ci sfidava a farci avanti. Corremmo velocemente verso il nuovo dedalo di gallerie, e dopo un breve tratto sommerso, arrivammo in una galleria molto grande, al centro della quale vi era un uomo che trasmetteva una pericolosa aura arcana attorno a se. Impugnava una spada molto grande, magistralmente forgiata e decorata, ed indossava una divisa in pelle decisamente invidiabile. “Vi stavo aspettando, il mio maestro mi aveva informato della vostra seccante presenza, per questo inviai i miei uomini ad occuparsi del paladino solitario...evidentemente quegli incapaci hanno fallito...hanno meritato la morte dunque.” Osiris si fece avanti gonfiando il petto, ruggendo “Non è servito a nulla combattere slealmente contro di me, criminale! Ho falciato via i tuoi uomini come grano maturo, e adesso sono qui a ricambiarti il favore!” Percepìì le energie di Osiris crescere esponenzialmente, al punto da far brillare debolmente la sua sagoma e gli intarsi della sua armatura. Evelyne restava composta : non riesco ancora a decifrare quel volto, a metà tra il concentrato e l'assorto in chissà quale pensiero. Tornai a pensare al nostro avversario, che sembrava sicuro di se, aspettandoci platealmente al centro della stanza. Le mie energie mistiche erano ancora in buono stato, non sentivo necessità di ricaricarle ulteriormente, ero pronto per lo scontro. Così guardando gli altri, capii che potevamo iniziare il nostro scontro decisivo. Corremmo ad armi levate contro Okape, che aspettò che ci avvicinassimo fin troppo per mettersi in posizione difensiva. Assorbì con maestria la forza d'urto nel nostro assalto coordinato, per poi spingerci in lontananza con i suoi attacchi mistici. Era degno allievo del suo oscuro maestro, ma non abbastanza per noi. Evelyne lo incalzò violentemente, iniziando a fendere colpi senza mai interrompersi, arrivando ad infrangere le difese del suo avversario che non riusciva a gestire quell'innumerevole cascata di colpi, finendo per subirne a dozzine, seppure di lieve entità vista l'estrema velocità con cui erano scagliati. Si accasciò a terra gemente, ed in quel momento Evelyne si tirò indietro per far si che io ed Osiris potessimo avventarci su di lui con tutto il nostro divino furore. Lo atterrammo con due fendenti che gli lacerarono l'armatura di cuoio sino ad intaccare l'addome, facendolo riversare per terra, di schiena. Osiris sollevò la lama e disse “questo è per tutto il male che hai fatto, criminale!” e subito fece per scagliare la lama su di lui, ma Okape eseguì una spazzata di gambe, gettando Osiris per terra. Subito mi lanciai su di lui per sorreggerlo, e con un rapido gesto parai un colpo indirizzato alla mia schiena, poiché Okape era già operativo, in ginocchio, pronto a controbattere. Iniziai a parare il suo contrattacco, percepivo la sua rabbia crescere e la sua concentrazione diminuire, e questo permise ad Evelyne di aggirarlo ed attaccarlo alla schiena, ferendolo mortalmente. Okape gemette, sputò sangue e crollò per terra, ansimando. Mi avvicinai a lui, insieme ad Osiris e gli sussurrai all'orecchio “non c'è redenzione per te, non ci sarà neanche un giudizio per la tua anima, soltanto castigo...” e recitando antiche e terrificanti maledizioni, Io ed Osiris piantammo le nostre spade rivestite di fulgido potere, contro il suo corpo inchiodandolo a terra, negando alla sua anima una continuità ultraterrena, riducendo il suo corpo in cenere. Abbandonammo quei luoghi, per tornare dai nostri compagni. Un nemico era stato sconfitto, ma in cuor nostro non potevamo festeggiare e sentirci sollevati, poiché sapevamo che era solo l'anello più debole di una lunga e coriacea catena, che avrebbe messo alla prova le nostre abilità ed i nostri animi.
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